venerdì 3 ottobre 2014

Limbadi. Campo sportivo sempre più fatiscente



Limbadi. Il campo sportivo rappresenta l’ultimo, forse, tassello di un mosaico di stravolgimenti urbanistici che il comune ha subito negli ultimi anni. Assieme ai locali della vecchia scuola media, la cui ristrutturazione non è mai stata completata, e quelli del vecchio asilo abbandonato, in Via Piave, a “Pignara” per i limbadesi, completa un trittico di vicende amministrative assai complesse e travagliate. La nuova struttura sportiva, sita in località Filicusa, doveva sostituire il bel campetto che in passato sorgeva nel centro, ai piedi della villa comunale. Le domeniche quest’ultima era letteralmente gremita dai cittadini, nelle vesti di accesi e rumorosi tifosi, che miravano le gesta dei calciatori della propria compagine. Dove attualmente c’è una strada asfaltata che conduce alla scuola media, un tempo si trovavano delle tribune improvvisate in terra battuta, dalle quali se ne diceva di ogni al povero arbitro di turno. Ma questa è un’altra storia. La nostra, sostanzialmente, ha inizio il 15 ottobre del 1999, quando l’ingegnere Vincenzo Cupi collaudò con ampie riserve la nuova struttura calcistica, annotando che “nel riscontro delle membrature in acciaio rileva uno stato diffuso di inizio di corrosione superficiale su tutte le strutture metalliche, che desta serie preoccupazioni se non si interverrà urgentemente e ripetutamente nel corso degli anni, con una manutenzione continua e scrupolosa”. Questa preoccupante analisi del tecnico indusse l’amministrazione del tempo, guidata da Vincenzo Calzone, a dare incarico ad altro ingegnere, tale Giuseppe Grande di Lamezia, affinchè si occupasse della redazione del piano di manutenzione. Il tecnico citato, in data 22 maggio del 2000, rilevò l’impossibilità di qualsiasi intervento sulle strutture metalliche della tribuna, ritenendola “pericolosa ed inidonea all’uso previsto.” Successivamente, dopo l’ovvia iniziale chiusura dell’impianto, la struttura incriminata fu demolita e il campo dichiarato nuovamente agibile. Ora fortunatamente ci si può giocare ed ospita oltre alla prima squadra, anche una bella scuola calcio. Solo, le tribune non ci sono più, con i disagi intuibili. Di chi è la responsabilità? Dalla visione del fascicolo presso la segreteria comunale è emerso che la ditta esecutrice dei lavori è stata la GE.CO. S.r.l. di Vibo Valentia, che si è avvalsa dei manufatti metallici della ditta Cecchinato, il cui titolare è poi morto. Entrambe le ditte sono state chiamate in causa e condannate solidalmente al risarcimento. Quest’anno è stata notificata la sentenza dall’avvocato Saccomanno di Rosarno alle parti soccombenti in giudizio, unitamente al precetto (tecnicamente un atto stragiudiziale di diffida). L’importo complessivo, da quanto visionato dalle carte, impossibili da fotocopiare in quanto atti interni dell’ente, ammonta ad euro settantottomila. Dalla GE.CO. è pervenuta una proposta di risoluzione della questione pagando subito il 50 % dell’importo, e nel caso di insolvenza della Cecchinato versando il resto della somma. Va altresì segnalato che è pervenuta all’ente, in data 5.6.2000, una missiva da parte di Ugo Staropoli, direttore dei lavori assieme ad Antonino Naso e Antonino Pietropaolo, con la quale il tecnico denunciava l’alterazione evidente di alcune aste in fase di montaggio. Sottolineava e denunciava, inoltre, come gli addetti lo avessero tranquillizzato. Con la medesima il nostro declinava ogni responsabilità per eventuali danni. Questi i fatti nudi crudi sino alla data odierna, almeno per quanto emerge dalle carte. Abbiamo volontariamente omesso il carteggio interno tra il legale e l’ente, per quanto attiene a questioni collaterali al nocciolo del problema, che si condensa nell’interrogativo seguente: come si è potuti arrivare sino a questo punto? La giustizia pare abbia fatto il suo corso, ma l’altra questione sul piatto è l’ennesima delocalizzazione di una struttura, il campo sportivo, che si è  rivelata quantomeno poco azzeccata, nel merito e nel metodo. Nel merito perché al posto del campo sportivo centrale, per lo meno un calcetto o comunque una struttura di aggregazione doveva essere prevista. Nel metodo basta leggere i fatti segnalati. E’ sperabile, almeno, che col risarcimento si rifaccia la tribuna.
Francesco Tripaldi

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