Limbadi.
Il campo sportivo rappresenta l’ultimo, forse, tassello di un mosaico di
stravolgimenti urbanistici che il comune ha subito negli ultimi anni. Assieme
ai locali della vecchia scuola media, la cui ristrutturazione non è mai stata
completata, e quelli del vecchio asilo abbandonato, in Via Piave, a “Pignara”
per i limbadesi, completa un trittico di vicende amministrative assai complesse
e travagliate. La nuova struttura sportiva, sita in località Filicusa, doveva
sostituire il bel campetto che in passato sorgeva nel centro, ai piedi della
villa comunale. Le domeniche quest’ultima era letteralmente gremita dai
cittadini, nelle vesti di accesi e rumorosi tifosi, che miravano le gesta dei
calciatori della propria compagine. Dove attualmente c’è una strada asfaltata
che conduce alla scuola media, un tempo si trovavano delle tribune improvvisate
in terra battuta, dalle quali se ne diceva di ogni al povero arbitro di turno.
Ma questa è un’altra storia. La nostra, sostanzialmente, ha inizio il 15
ottobre del 1999, quando l’ingegnere Vincenzo Cupi collaudò con ampie riserve
la nuova struttura calcistica, annotando che “nel riscontro delle membrature in
acciaio rileva uno stato diffuso di inizio di corrosione superficiale su tutte
le strutture metalliche, che desta serie preoccupazioni se non si interverrà
urgentemente e ripetutamente nel corso degli anni, con una manutenzione
continua e scrupolosa”. Questa preoccupante analisi del tecnico indusse
l’amministrazione del tempo, guidata da Vincenzo Calzone, a dare incarico ad
altro ingegnere, tale Giuseppe Grande di Lamezia, affinchè si occupasse della
redazione del piano di manutenzione. Il tecnico citato, in data 22 maggio del
2000, rilevò l’impossibilità di qualsiasi intervento sulle strutture metalliche
della tribuna, ritenendola “pericolosa ed inidonea all’uso previsto.”
Successivamente, dopo l’ovvia iniziale chiusura dell’impianto, la struttura
incriminata fu demolita e il campo dichiarato nuovamente agibile. Ora
fortunatamente ci si può giocare ed ospita oltre alla prima squadra, anche una
bella scuola calcio. Solo, le tribune non ci sono più, con i disagi intuibili. Di
chi è la responsabilità? Dalla visione del fascicolo presso la segreteria
comunale è emerso che la ditta esecutrice dei lavori è stata la GE.CO. S.r.l.
di Vibo Valentia, che si è avvalsa dei manufatti metallici della ditta
Cecchinato, il cui titolare è poi morto. Entrambe le ditte sono state chiamate
in causa e condannate solidalmente al risarcimento. Quest’anno è stata
notificata la sentenza dall’avvocato Saccomanno di Rosarno alle parti
soccombenti in giudizio, unitamente al precetto (tecnicamente un atto
stragiudiziale di diffida). L’importo complessivo, da quanto visionato dalle
carte, impossibili da fotocopiare in quanto atti interni dell’ente, ammonta ad
euro settantottomila. Dalla GE.CO. è pervenuta una proposta di risoluzione della
questione pagando subito il 50 % dell’importo, e nel caso di insolvenza della
Cecchinato versando il resto della somma. Va altresì segnalato che è pervenuta
all’ente, in data 5.6.2000, una missiva da parte di Ugo Staropoli, direttore
dei lavori assieme ad Antonino Naso e Antonino Pietropaolo, con la quale il
tecnico denunciava l’alterazione evidente di alcune aste in fase di montaggio.
Sottolineava e denunciava, inoltre, come gli addetti lo avessero
tranquillizzato. Con la medesima il nostro declinava ogni responsabilità per
eventuali danni. Questi i fatti nudi crudi sino alla data odierna, almeno per
quanto emerge dalle carte. Abbiamo volontariamente omesso il carteggio interno
tra il legale e l’ente, per quanto attiene a questioni collaterali al nocciolo
del problema, che si condensa nell’interrogativo seguente: come si è potuti
arrivare sino a questo punto? La giustizia pare abbia fatto il suo corso, ma
l’altra questione sul piatto è l’ennesima delocalizzazione di una struttura, il
campo sportivo, che si è rivelata
quantomeno poco azzeccata, nel merito e nel metodo. Nel merito perché al posto
del campo sportivo centrale, per lo meno un calcetto o comunque una struttura
di aggregazione doveva essere prevista. Nel metodo basta leggere i fatti
segnalati. E’ sperabile, almeno, che col risarcimento si rifaccia la tribuna.
Francesco
Tripaldi
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