Limbadi.
<<Qui la ‘ndrangheta non entra>>. Questo il testo, dal vago sapore
dantesco, di una targa che dal 2010, per volere di un’apposita commissione
regionale, accoglie i cittadini in tutti i comuni calabresi. Ieri, quella affissa
al portone d’ingresso del comune di Limbadi
è stata sottratta da ignoti e ritrovata dopo poco dai vigili urbani, che
hanno provveduto a rimetterla al suo posto con l’aiuto del sindaco Giuseppe
Morello. <<Non ci sono parole per descrivere questa canagliata –afferma
il primo cittadino, che abbiamo raggiunto telefonicamente nel pomeriggio di
ieri- compiuta da individui che feriscono una comunità alla quale un po’ i
media, un po’ i fatti, attribuiscono un triste marchio.>> Un fatto che
altrove sarebbe passato inosservato, infatti, inevitabilmente assume una
particolare valenza simbolica nel comune del vibonese, che le cronache
giudiziarie indicano quale sede del clan Mancuso. <<Una vigliaccata, un
insano gesto –prosegue Morello- che comunque non ostacola in alcun il percorso
che abbiamo intrapreso, finalizzato a risollevare questa comunità>>. Che,
per inciso, ha molti elementi positivi ai quali ancorare il proprio desiderio
di riscatto. Ricca, infatti, di attività produttive sane e con una tradizione
consolidata alle spalle, si pone quale punto di riferimento economico
dell’intero comprensorio. Tra oleifici, pastifici, distillerie, pollai
industriali, gommisti attrezzati, è addirittura difficile enumerare le attività
del comune, i cui abitanti, in larghissima maggioranza persone laboriose e
perbene, anche in periodo di crisi difficilmente ciondolano per le strade senza
far nulla. Purtroppo, inevitabilmente, notizie simili alimentano il mito del
luogo infrequentabile di frontiera. E’ interessante, in queste occasioni,
notare come la maggioranza dei limbadesi combattano contro strade dissestate,
tribunali che danno risposte alla domanda di giustizia civile come penale in
tempi biblici. Le attività del luogo più importanti devono lottare anche per una
connessione ad internet o per una fornitura di merce da un tir. Chi fa antimafia
vera si dovrebbe occupare quotidianamente anche e soprattutto di questo, e non
solo di manifesti che svolazzano.
Francesco Tripaldi
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