sabato 30 agosto 2014

Il Comune di Limbadi si costituisce parte civile nel processo "Purgatorio bis".



Limbadi. Il comune di Limbadi si costituisce parte civile nel processo “Purgatorio bis” a carico del legale Antonio Galati, dell’ex capo della squadra mobile Maurizio Lento e del suo vice Emanuele Rodonò. Come è  noto, gli esponenti delle forze dell’ordine sono stati accusati a vario titolo di aver agevolato il sodalizio criminale dei Mancuso di Limbadi, con la mediazione di Galati. Il 29 di luglio sono stati notificati al comune il decreto di giudizio immediato, emesso dal Tribunale di Catanzaro, unitamente alla relativa richiesta di giudizio immediato della  DDA. La deliberazione del commissario straordinario Anna Aurora Colosimo, la n. 8 del 12/08/2014, prevede, oltre alla ritenuta opportunità dell’intervento processuale, ovviamente anche la nomina del legale che assisterà l’ente, ossia Gaetano Callipo di Gioia Tauro. L’avvocato, definito esperto della materia nell’atto emarginato, percepirà la preventivata somma di € 6000,00, oltre IVA e CPA. Il commissario ha voluto motivare, oltre a quanto è succintamente riportato in delibera, il provvedimento, comunque espressamente definito quale «atto dovuto». «Il procedimento penale in questione – afferma la Colosimo– è degradante per il territorio, perché consegna un’immagine di questo comune letteralmente devastata. Eppure – prosegue – Limbadi è una realtà degna di nota per molti altri motivi che non sono legati alla criminalità».  Il funzionario della Prefettura ha inteso, altresì, lanciare una sorta di monito alla città «affinchè si rinsaldi un sentimento di legalità, certamente presente nella comunità».  Il provvedimento amministrativo preso potrebbe avere, inoltre, «risvolti economici positivi per l’ente – ha chiarito il commissario – sebbene sia opportuno attendere l’esito del procedimento penale, che allo stato non possiamo e non dobbiamo dare per scontato». «Così come non era scontato, in questo territorio, che l’ente decidesse di costituirsi parte civile in un processo del genere».  Le abbiamo chiaramente chiesto se non vi fosse un’allusione al comune di Nicotera, in questa affermazione piuttosto criptica. «Non voglio assolutamente entrare nel merito delle decisioni di un altro ente. L’unica cosa che posso fare è riportare una mia precedente esperienza a Gerocarne, durante la quale presi una decisione analoga e le amministrazioni limitrofe decisero di aderire. Chiaramente, però, sono situazioni e procedimenti diversi. Pertanto, qualsiasi paragone potrebbe risultare improprio».  Non abbandona, la nostra, un distaccato contegno istituzionale, quindi. Ciò anche in relazione alla duplice veste di rappresentante dell’ufficio territoriale del governo e di amministratrice del comune di Limbadi. Cosa riserverà nel futuro la Colosimo e la prefettura di Vibo Valentia a questo territorio non è semplice prevederlo, anche perché non è lontano il momento del “toto candidature” in quel del comune vibonese. Qualche nome si affaccia, per negarsi quasi subito, in una partita complessa e aperta.
Francesco Tripaldi

venerdì 29 agosto 2014

Limbadi. Campo di calcio chiuso per mafia.



Limbadi. Calcetto chiuso per mafia. Se non fosse veramente col cancello sbarrato da un bel pò, il bel campetto sito in località Monteverde a Limbadi, verrebbe, se non da ridere, da sorridere dinanzi al perentorio e sproporzionato incipit. Eppure è così. Il comune di Limbadi aveva affidato alla ‘Associazione culturale A.&A., con sede nel comune, la gestione del campo di calcio a cinque per un periodo di dieci anni, a decorrere dalla stipula del contratto avvenuta in data 31.07.2012. Nel frattempo, la prefettura di Vibo Valentia, con la nota 0026153 del 28/07/2014, ha trasmesso una comunicazione avente carattere interdittivo dei rapporti con la pubblica amministrazione nei confronti della detta associazione. Nel corpo della determinazione del responsabile di area, la n. 71 del 05/08/2014, è espressamente menzionata in preambolo una norma, la quale fa riferimento ad elementi relativi ad infiltrazione mafiosa”, comunque accertati successivamente alla stipula del contratto, che danno titolo all’amministrazione di revocare autorizzazioni o concessioni, e altri busillis di vario genere. Invero, la citata determinazione menziona anche il comma terzo dello stesso articolo, il quale prevede che l’amministrazione possa anche decidere di non procedere alla revoca nel caso in cui la prestazione fornita sia in qualche modo ritenuta essenziale. Adesso, senza entrare nel merito di una questione assai delicata, inconoscibile comunque, se non per gli interessati, l’unico dato certo è che questo calcetto è chiuso da praticamente un mese. «Le chiavi - informa il segretario comunale – devono essere consegnate in questi giorni». In piena estate, quindi, in comune che non ha un oratorio, un “cinemino”, una biblioteca, o altri luoghi di ritrovo, se non una villa pure video sorvegliata, sulla questione dell’essenzialità ci sarebbe da discutere. Sebbene, infatti, l’ente ritenga, sulla scorta di copiosa giurisprudenza, che la discrezionalità in casi del genere sia notevolmente ridotta, rimane il dato di un servizio negato, repetita iuvant, in un contesto sì economicamente vitale, ma dal punto di vista culturale e aggregativo paragonabile ad un albero spoglio. Non c’è nulla, se non una pur ottima scuola calcio, per un ragazzo che abbia voglia di passare un’ora libera. Riferirsi alla chiusura di un calcetto per parlare di impoverimento culturale, già la dice lunga sulla drammaticità della situazione. Perché, dando per buono il rapporto di pericolo di infiltrazioni con un campetto di periferia, la scommessa vera dovrebbe essere quella di unire il rispetto della legge con obiettivi amministrativi ambiziosi. Altrimenti chiudiamo bottega e non se ne parli più.
Francesco Tripaldi

Don Bernardino Comerci trasferito presso la parrocchia di Dasà.



Nicotera. Avvicendamento di sacerdoti nella parrocchia della frazione di Badia. Don Bernardino, infatti, lascerà per andare a Dasà. Alcuni rumors vorrebbero la sostituzione del giovane parroco, che reggeva anche l’oratorio “Don Staropoli” di Nicotera,  a causa di uno scontro con Don Francesco Vardè, della chiesa Concattedrale. Questo dissidio interno alla chiesa nicoterese sarebbe maturato ed esploso proprio all’interno dell’oratorio, asseritamente a causa di divergenze di idee sulla sua gestione. Quale sia la verità lo abbiamo chiesto direttamente all’interessato, Don Bernardino, il quale ha smentito categoricamente questa versione dei fatti, adducendo a motivo del trasferimento «una espressa richiesta formulata al Vescovo Don Luigi Renzo di avere una parrocchia autonoma dopo ben tre anni di sacerdozio». Questa la verità ufficiale, quindi, suggellata dal provvedimento del Vescovo, il quale ha fatto coincidere l’esigenza del giovane sacerdote con quella di Don Cosma Raso, fino ad ora a Dasà, appunto, di avvicinarsi a Calimera, dove vive l’anziana madre. La fine perfetta di una storia imperfetta, e un po’ rumorosa. Comunque stiano le cose, Don Bernardino definisce la sua esperienza all’oratorio di Nicotera «estremamente preziosa». «Ho certamente ricevuto assai di più dai ragazzi – afferma – di quanto abbia potuto dare». Anche il lavoro alla parrocchia di Badia è stato estremamente producente per lui, e non solo. Sebbene da “semplice” amministratore parrocchiale, come lui stesso si è definito, ha avuto il modo e la capacità di far avvicinare moltissime persone alla chiesetta di Badia. Quelle stesse persone che lo seguiranno a Dasà per l’insediamento che avverrà oggi, alle diciotto e trenta, alla presenza del Vescovo. Ciò a testimonianza di un sentimento di “reciproca attrazione spirituale” tra Badia e il parroco. Si rifletta sul fatto che, dopo Don Francesco Corso, negli anni cinquanta, Don Bernardino è stato il primo sacerdote di Badia ad amministrare spiritualmente la piccola comunità. L’idillio, però, finisce qui. Lasciando tracce fisiche oltre che spirituali. Il riferimento è alla ristrutturazione della chiesa, avvenuta, rimarca il nostro, «grazie ad una generosa elargizione di ben ventiquattromila euro da parte di Mons. Luigi Renzo». «Somma – continua – che, unitamente ad altro denaro raccolto a Badia ed al lavoro di generosi volontari, ha consentito di ristrutturare la parte superiore della chiesa, con una stanza dedicata al nuovo sacerdote, una cucina ed un’ampia sala dove sarà possibile riunirsi per discutere e anche per delle conviviali». Erano più di trent’anni che quella parte della chiesa non veniva interessata da lavori di alcun genere. E la ristrutturane è l’evidenza materiale di un’innegabile rivitalizzazione anche spirituale della comunità, senza nulla togliere al grande lavoro compiuto dal suo predecessore Don Mario Dell’Acqua, per il quale il nostro nutre un’autentica e sincera ammirazione. Ma si sa, l’energia dell’età ha il suo peso. In ogni caso Badia subirà, vedrà, questo avvicendamento. Senza infingimenti un vero e proprio un fulmine a ciel sereno. Perché per tutti Don Bernardino è stato ben più di un semplice amministratore parrocchiale.
Francesco Tripaldi

domenica 17 agosto 2014

Il progetto "Casa-Famiglia" da realizzare a Limbadi.



Limbadi. Importanti documenti riemergono. Nella famosa conferenza stampa l’ex sindaco Francescantonio Crudo lanciò i suoi strali, tra gli altri, anche nei confronti di Adriana Musella, dell’associazione Riferimenti, affidataria di immobili sequestrati alla criminalità organizzata. Questa aveva accusato l’amministrazione, che allora reggeva l’ente, di non aver sostanzialmente consentito l’immissione in possesso dei detti immobili. Crudo si difese additando simili affermazioni come destituite di fondamento e finalizzate solo a scopi pubblicitari. Per sapere quale sia la verità gli antichi greci si sarebbero rivolti ad un qualche oracolo, bocca degli dei, gli etruschi notoriamente ad un aruspice, esperto nello scrutare i misteri attraverso le interiora di animali. In tempi odierni la fame di verità si è fatta forse meno pressante, per fortuna degli aruspici almeno, e ricorrere alle banalissime carte può rappresentare un ottimo punto di partenza. Il sugoso preambolo “solo” per rileggere la deliberazione della giunta Crudo del ventisette di febbraio dell’anno corrente, recante il numero 15. Questa si contestualizza nel medesimo POR al quale l’amministrazione ha attinto per video sorveglianza ed auditorium e si propone di realizzare il progetto “Casa famiglia” in un immobile sequestrato alla criminalità organizzata. Da fonti del comune si tratterebbe dell’immobile della località “Petti di Razza”. La località in questione è stata teatro, per la cronaca, dell’apparizione della Presidente della Commissione Parlamentare antimafia Rosy Bindi, la quale oltre a non invitare Crudo ed i suoi aveva notoriamente esternato la sua costernazione in ordine al mancato scioglimento dell’amministrazione. Per rimanere in ambito di grecità e teatro la Bindi svolse, così come nella tragedia di greca memoria, la funzione di Deus ex machina, intervenendo a dipanare una vicenda intricata, o almeno ritenuta tale. Conclusasi, poi, con le note dimissioni. Responsabile del procedimento sarà, com’è ovvio, il tecnico comunale Geometra Mazzitelli, che sarà affiancato da una squadra temporanea, con l’Ingegnere Giovanni Russo in testa. E’ ovviamente possibile che qualcuno possa leggere la delibera in questione come intempestiva, fuori tempo massimo, dato che essa è successiva al diniego del Ministero allo scioglimento. Lo è altrettanto che altri la vedano, in ogni caso, come insufficiente. Fatto è, però, che essa esiste e non si può non vederla. E volendo adattare alla bisogna un noto proverbio: le amministrazioni volano mentre gli scritti restano.
Francesco Tripaldi

Enzo Comerci sulla statuetta bronzea di età magnogreca esposta al Louvre.



NicoteraLa notizia della recente esposizione nel museo Parigino più famoso del mondo della statuetta bronzea, raffigurante un atleta, rinvenuta nel territorio dove sorgeva la città magno greca di Medma, non può che fare piacere.” Questo l’incipit di un’appassionata nota stampa dell’esponente politico nicoterese Enzo Comerci. Oggetto dell’analisi del nostro è, oltre alla manifestata soddisfazione, il convincimento che il “valente Prof. Giuseppe Lacquaniti di Rosarno” abbia sbagliato a collocare il ritrovamento del detto reperto  nel territorio del suo comune. Il politico non si fa convincere, afferma, dalla “smania di dare quasi per scontato che il ritrovamento del pregevole reperto archeologico sia avvenuto nel territorio rosarnese”. Invero, e ne da atto Comerci, l’opinione di Lacquaniti è suffragata sia dalla tesi del famoso archeologo Paolo Orsi, che vuole Medma nel territorio di Rosarno, sia da quella altrettanto autorevole e ben più recente di Salvatore Settis, altro rosarnese già rettore della prestigiosa Normale di Pisa. Ma l’autorevolezza degli attori in gioco, chiosa il nostro, non per forza “vuol dire che essi siano nel giusto”, rifacendosi alla diversa opinione di decine di studiosi altrettanto valenti, secondo la sua opinione. E non rinuncia a delineare una suggestiva ipotesi sulla provenienza del reperto archeologico conteso, fondata proprio su una tesi di Lacquaniti, che vedrebbe il trasferimento della statuina al noto museo francese ad opera del celebre archeologo, numismatico e assiriologo Francese Francois Lenormant. Quest’ultimo, nell’ottobre 1882, secondo attendibile documentazione sarebbe stato a Nicotera, a capo della Commissione Archeologica, incrociando l’attenzione di Diego Corso, facoltoso appassionato di archeologia nicoterese, che assisteva la detta commissione. Era abitudine di Corso quella di acquistare reperti archeologici significativi e di farne dono a diverse strutture museali, come quelle di Catanzaro o di Messina. Ed è convinzione di Comerci che la statuina possa essere stata un prezioso dono del nicoterese a Lenormant, che l’avrebbe portata a Parigi. Tra i due litiganti il terzo gode. Il Louvre, s’intende. Chi ha tempo trovi la morale.
Francesco Tripaldi