venerdì 29 agosto 2014

Limbadi. Campo di calcio chiuso per mafia.



Limbadi. Calcetto chiuso per mafia. Se non fosse veramente col cancello sbarrato da un bel pò, il bel campetto sito in località Monteverde a Limbadi, verrebbe, se non da ridere, da sorridere dinanzi al perentorio e sproporzionato incipit. Eppure è così. Il comune di Limbadi aveva affidato alla ‘Associazione culturale A.&A., con sede nel comune, la gestione del campo di calcio a cinque per un periodo di dieci anni, a decorrere dalla stipula del contratto avvenuta in data 31.07.2012. Nel frattempo, la prefettura di Vibo Valentia, con la nota 0026153 del 28/07/2014, ha trasmesso una comunicazione avente carattere interdittivo dei rapporti con la pubblica amministrazione nei confronti della detta associazione. Nel corpo della determinazione del responsabile di area, la n. 71 del 05/08/2014, è espressamente menzionata in preambolo una norma, la quale fa riferimento ad elementi relativi ad infiltrazione mafiosa”, comunque accertati successivamente alla stipula del contratto, che danno titolo all’amministrazione di revocare autorizzazioni o concessioni, e altri busillis di vario genere. Invero, la citata determinazione menziona anche il comma terzo dello stesso articolo, il quale prevede che l’amministrazione possa anche decidere di non procedere alla revoca nel caso in cui la prestazione fornita sia in qualche modo ritenuta essenziale. Adesso, senza entrare nel merito di una questione assai delicata, inconoscibile comunque, se non per gli interessati, l’unico dato certo è che questo calcetto è chiuso da praticamente un mese. «Le chiavi - informa il segretario comunale – devono essere consegnate in questi giorni». In piena estate, quindi, in comune che non ha un oratorio, un “cinemino”, una biblioteca, o altri luoghi di ritrovo, se non una villa pure video sorvegliata, sulla questione dell’essenzialità ci sarebbe da discutere. Sebbene, infatti, l’ente ritenga, sulla scorta di copiosa giurisprudenza, che la discrezionalità in casi del genere sia notevolmente ridotta, rimane il dato di un servizio negato, repetita iuvant, in un contesto sì economicamente vitale, ma dal punto di vista culturale e aggregativo paragonabile ad un albero spoglio. Non c’è nulla, se non una pur ottima scuola calcio, per un ragazzo che abbia voglia di passare un’ora libera. Riferirsi alla chiusura di un calcetto per parlare di impoverimento culturale, già la dice lunga sulla drammaticità della situazione. Perché, dando per buono il rapporto di pericolo di infiltrazioni con un campetto di periferia, la scommessa vera dovrebbe essere quella di unire il rispetto della legge con obiettivi amministrativi ambiziosi. Altrimenti chiudiamo bottega e non se ne parli più.
Francesco Tripaldi

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