mercoledì 13 agosto 2014

LIMBADI. La biblioteca chiude i battenti.



Limbadi. La biblioteca dell’Associazione Culturale Salvatore Corso Editore chiude i battenti. Dopo tre anni di attività <<non ci sono più risorse per mandarla avanti>>, rimarca Stefano D’Apa, uno dei padri della struttura. Quest’ultima è nata grazie alla collaborazione, infatti, tra il medesimo e la Corso Editore, che ha donato circa trentacinquemila volumi, ed ha già tre anni di attività sulle spalle. Ha ospitato la presentazione di diversi volumi, soprattutto di giovani autori, ed ha goduto del “battesimo” culturale di uno scrittore di successo come Santo Gioffrè. Autore, tra gli altri, di Artemisia Sanchez, dalla cui storia è stata tratta l’omonima fiction della Rai. Ma è stato di casa anche il critico letterario Pino Neri ed altri intellettuali. Chiaramente non è tanto la storia che interessa, della biblioteca in questione, ma il fatto che allo stato attuale a Limbadi non ne esista nessuna. <<Non voglio lamentarmi –dice D’Apa- ma esprimere il mio rammarico e la mia rabbia, perché pare che qui le manifestazioni  culturali si esauriscano nella festa del Santo Patrono>>. Si è avuto modo di magnificare, con dati obiettivi, la propensione del contesto alle attività produttive e ad una certa creatività imprenditoriale, cosa che non dovrebbe escludere affatto l’attenzione alla pubblica fruizione della “cultura”. Tutti sapranno che i libri hanno un costo, non elevatissimo, ma che può talvolta rappresentare un ostacolo per chi ha voglia di sfogliarne uno, soprattutto in giovane età. Senza ovviamente stare lì a selezionare tra edizioni e traduzioni diverse, e senza privarsi di un certo apparato critico che consenta di approcciare il testo nella maniera migliore. A questo una biblioteca dovrebbe servire, oltre che ad essere potenzialmente un luogo dove una comunità può elevarsi, respirare aria ed idee nuove. L’iniziativa della Salvatore Corso può aver forse scontato, senza infingimenti, l’attivismo politico, assolutamente meritorio oltre che legittimo, di D’Apa, che in una comunità di quattromila anime può contribuire ad una sorta di effetto parcellizzante di una simile impresa. D’altro canto il nostro ci aveva già provato in passato a creare una biblioteca, in qualità di esponente dell’amministrazione Sergi. Al piano terra della casa comunale dovrebbe esserci una stanza con seimila volumi, <<nella quale –riferisce D’Apa- si distribuiscono per quanto ne so i sacchi della differenziata>>. Il binomio libro-rifiuti non è, per dirla in punta di fioretto, granchè poetico. Il quadro della questione ora è questo: trentacinquemila volumi in un garage ed altri seimila in una stanza del comune. Che dire? Sino ad ora Limbadi ha avuto qualcosa di simile ad una biblioteca grazie alle iniziative, più o meno estemporanee, di D’Apa e dell’ex sindaco Sergi. Trattandosi di uomini politici, la questione potrebbe nutrire i consueti teatrini preelettorali, e forse nient’altro. E pensare che nella sua storia la comunità una biblioteca non ce l’aveva mai avuta. Il Brancia scrive, nell’italiano del tempo, di Limbadi nel 1850: <<Niuna biblioteca: ma merita lodevole menzione una buona raccolta di libri chiesastici e di scienze mediche, duemila volumi circa, che rattrovasi in casa dei signori fratelli Antonio sacerdote e Antonino medico Saladino>>. Perché un comitato di ragazzi non si propone di stimolare la nascita di una nuova struttura? Sfruttando magari proprio la festa di San Pantaleone, con donazioni mirate, rigorosamente gestite. Anche solo di libri. La Pro Loco che ne pensa? E’ accettabile che un paese, seppur piccolo, non abbia una sua raccolta di libri, che riguardino anche la sua storia, vicina e lontana? Magari accanto ai grandi classici della letteratura, della storia e della scienza? Qualcuno una risposta dovrebbe provare a darla. Dovrebbe.
Francesco Tripaldi

Nessun commento:

Posta un commento